Autori e librai U.S.A. uniti contro Amazon. “È monopolio”

Autori e librai U.S.A. uniti contro Amazon. “È monopolio”

Negli Stati Uniti due associazioni di autori, Authors Guild e Authors United, un’associazione di agenti letterari, Association of Authors’ Representatives, e una di librai, American Booksellers Association, hanno chiesto formalmente al Dipartimento di Giustizia di aprire un’inchiesta su Amazon per violazione delle norme antitrust.

Secondo le cifre riportate da Authors United, Amazon detiene in America più del 75% del mercato dell’e-commerce dei libri, più del 65% delle vendite di ebook, oltre il 40% delle vendite di libri nuovi e circa l’85% delle vendite di ebook in self-publishing.

Si tratta di una condizione di monopolio come rivenditore e di monopsonio come compratore di libri, che conferisce a Amazon un potere senza precedente sul mercato editoriale in America.

Forte di questo potere, l’azienda ha esercitato pressioni sugli editori per ottenere commissioni sempre più alte, mantenere forzatamente bassi i prezzi (cosa che ha causato una deflazione dell’intero mercato), costruire un ecosistema chiuso per la fruizione degli ebook Kindle.

Chi muove le accuse sostiene che i più penalizzati dalle politiche di Amazon sono gli autori di media classifica, quelli emergenti e minoritari, in quanto la riduzione dei margini di guadagno degli editori renderà impossibili gli investimenti più coraggiosi che questo genere di produzione richiede.

La spregiudicatezza con cui Amazon sfrutta la propria posizione rappresenta dunque, per autori e librai americani, una minaccia alla libertà di espressione e alla circolazione delle idee, garantita da un mercato editoriale libero e indipendente.

Al contrario, l’American Booksellers Association precisa che tra i propri scopi principali vi è quello di “assicurare che un’ampia varietà di libri sia disponibile ai consumatori americani in maniera più vasta possibile. Quanto più numerosi sono i libri, tanto più numerose sono le voci e le idee; quanto più sono numerose le voci e le idee, tanto più le vite dei nostri cittadini si arricchiscono e la nostra società si rafforza.”

I precedenti: lo scontro con Hachette

Come esempio di , Authors United cita il lungo bracco di ferro che visto protagonisti Amazon e Hachette nel 2014. In seguito a una disputa riguardante il prezzo dei libri e degli ebook, i prodotti Hachette sono stati penalizzati su Amazon: per mesi alcuni formati dei titoli dell’editore francese non risultavano disponibili, era impossibile preordinare i libri di prossima pubblicazione, le consegne erano lente e difficoltose.

Hachette ha coinvolto nella protesta i propri autori, che sono scesi in campo numerosi denunciando la condotta di Amazon. Il gigante dell’e-commerce, dal canto suo, ha mobilitato i lettori, suggerendo loro di scrivere un’email al direttore generale della casa editrice per protestare dei prezzi troppo alti.

A novembre 2014 le due aziende sono giunte a un accordo, di cui non sono noti i termini economici. È diventato però evidente quale può essere il potere di contrattazione di Amazon e in che modo l’azienda può penalizzare autori ed editori che non accettano le sue condizioni.

I precedenti: la condanna di Apple

Il mercato editoriale fa gola alle grandi aziende del digitale. Nel 2013 era stata la Apple a essere sanzionata per aver violato le regole antitrust quando, nel 2009, aveva fatto ingresso nel settore degli ebook.

In quell’occasione Steve Jobs, per farsi strada in un mercato che all’epoca era per il 90% in mano ad Amazon, si accordò con cinque editori per tenere alti i prezzi e ostacolare la concorrenza. Authors Guild fa ora notare che questo comportamento, contrario alle regole antitrust in quanto volto a tenere alti i prezzi facendo cartello, di fatto consentì di sottrarre il mercato dell’ebook al monopolio di Amazon (che ora ne detiene “solo” il 67%).

Authors Guild sottolinea quindi che interpretare la legge antitrust esclusivamente come uno strumento per tenere bassi i prezzi in un regime di libero mercato può essere rischioso sul lungo periodo ed è forse un metro di giudizio limitante per aziende che operano in ambito culturale.


 

I documenti presentati al Dipartimento di Giustizia sono stati pubblicati dal New York Times e sono consultabili qui.

Foto di William Warby

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